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facciamo fatica a veder riconosciuto, socialmente, l’importante valore delle nostre competenze, dei nostri servizi”;  “abbiamo grosse difficoltà ad interloquire con la gran parte dei nostri governanti”; “i pochi governanti che ci ascoltano sembrano distratti, sembra non abbiano interesse a portare avanti le nostre istanze”…

Questo è quello che la gran parte dei professionisti italiani ripetono ogni giorno, Psicologi compresi; dico “Psicologi compresi” perché è quasi un paradosso: in quest’era di profonda crisi sociale (prima che economica), familiare, professionale, è assurdo (lasciatemelo dire) che una categoria di professionisti come quella degli Psicologi non sia costantemente chiamata a intervenire istituzionalmente. È assurdo che chi governa (l’Europa, lo Stato, le regioni, le città, i paesi… anche quelli più piccoli) non investa sulle competenze (valorizzandole, supportandole, fortificandole) di chi, tra i cittadini, ha scelto di occuparsi professionalmente del benessere. È assurdo che non investa anche economicamente nel benessere, visto che lo stesso ha un suo oggettivo risultato (anche) economico, con un impatto notevole in termini di riduzione dei costi della santità e incremento dei fattori produttivi, ormai più che dimostrato. Gli Psicologi, tra i professionisti, sono massimamente deputati alla riduzione del malessere, ma soprattutto alla promozione del benessere personale, professionale, sociale. Eppure anche gli Psicologi si fanno costantemente le domande di cui sopra. Qualcosa non funziona. Di chi è colpa? Dei nostri governanti? Anche.
Ma attribuire colpe a fattori esterni, ho imparato, serve sempre a molto poco. Cosa possiamo fare per risolvere questa impasse?

Senza dover necessariamente trovare soluzioni geniali, forse è sufficiente imparare dalla storia di altre categorie di professionisti, poche, ma che evidentemente sono riuscite ad organizzarsi. Leggendo tra i curriculum dei nostri governanti, con cui PLP per mandato istituzionale si confronta costantemente, salta subito all’occhio che la gran parte di loro sono medici, avvocati, commercialisti. Sarà un caso? Sarà un caso che queste categorie professionali, pur subendo anche loro la crisi di settore, abbiano un ruolo e un riconoscimento sociale ben definito? Evidentemente sono riusciti a “fare sistema”; a creare una categoria compatta; la loro unione è stata (è) la loro forza. Hanno fatto lobby. Hanno fatto squadra.

I politici pensano poco agli interessi della comunità, e tanto agli interessi personali”; “si sa… fanno ciò che è utile agli amici, ai colleghi”; “vuoi che l’Onorevole porti avanti le tue istanze? Chi sei? A chi appartieni?”…

Certamente, per fortuna, non è cosi per tutti i nostri governanti. Ma dicono sia cosi per chi tra loro gestisce il “potere”. Mi piace pensare che non sarà più cosi, e nel mio piccolo provo a dare il mio contributo in questa direzione, ma nel frattempo ho il dovere di fare i conti anche con questa realtà, e mi chiedo: e se a gestire il potere fossero Onorevoli Psicologi? Virtuosamente (o per ironia della sorte) il loro eventuale interesse politico nel portare avanti le istanze della categoria coinciderebbe con l’interesse generale di riduzione del malessere e di promozione del benessere della nazione intera. Per gli Onorevoli Psicologi,  onorare il mandato di tutelare il superiore interesse collettivo al benessere (empowerment personale e sociale) è cosa naturale, intrinseca, implicita. Abbiamo le competenze professionali (ad ogni livello) per farlo!

E allora, ed è  questo l’appello che vorrei fare a tutti i colleghi d’Italia (d’Europa): facciamo lobby (che non è massoneria!), facciamo squadra, anche in tal senso!

In che modo:

  1. Candidiamoci a tutte le elezioni politiche e amministrative! In Europa, in Parlamento, nei governi regionali e locali. Nelle circoscrizioni. Candidiamoci a gestire il “potere” che i cittadini vorranno darci e portiamo noi avanti le istanze della nostra categoria, le istanze di benessere (come detto, sociale ed economico). Con responsabilità, determinazione e competenza.
  2. Votiamo i colleghi candidati e soprattutto facciamo loro campagna elettorale. Incontriamoli, confrontiamoci e, tra i colleghi candidati supportiamo chi a nostro parere è il più meritevole (il più onorevole, nella giusta accezione).
  3. facciamo squadra: i colleghi candidati eletti si impegnino a collaborare tra loro, per remare tutti nella direzione più auspicabile per la nostra categoria professionale. Si impegnino a coinvolgere i rispettivi partiti anche nel supportare le azioni dei colleghi di partito diverso.

Mettiamoci in gioco, tutti.

Chi si candida, portando avanti in maniera seria, concreta, determinata, le istanze che i colleghi e i cittadini tutti vorranno affidare loro. Come detto, portando avanti tali istanze anche supportando gli altri colleghi eletti in altri partiti politici, coinvolgendo il proprio partito, uscendo fuori dalle logiche elettoralstrumentali e promuovendo le logiche di categoria (anche e soprattutto nell’interesse dei cittadini tutti).

Chi non si candida, votando i colleghi candidati, parlando con i cittadini e spiegando loro il valore aggiunto dell’essere Psicologo al governo; coinvolgendoli, consigliando fortemente di votare Psicologi. Prendendoci la responsabilità di supportare i colleghi candidati perché siano eletti e garantendo loro maggiore supporto quando, una volta al governo, porteranno avanti il mandato comune. In Italia siamo circa 100.000. Una forza con un potenziale politico eccezionale. Perché affidare le nostre istanze ai politici di turno? Il benessere della nostra società dipende anche (e per i versi citati forse soprattutto) da noi.

Organizziamoci.
In Sicilia abbiamo cominciato il 28-05-2017: i soci PLP siciliani hanno incontrato i colleghi Psicologi candidati al consiglio comunale della città di Palermo (in vista delle elezioni dell’11 giugno 2017), definito con loro e tra noi l’impegno a portare avanti questo importante progetto.

Nicolay Catania